mercoledì, novembre 26, 2008
30 Novembre: comunicato stampa
Lo scopo dell'assemblea è quello di organizzare un movimento ampio ed unitario del precariato della scuola, che si inserisca all'interno della generale mobilitazione della scuola e dell'università, contro i tagli e le politiche di smantellamento della scuola statale.
I tagli alla scuola statale operati dal Governo compromettono pesantemente la qualità della didattica e le condizioni di lavoro di tutti i docenti, ma il peso maggiore delle riduzioni di spesa ricadrà direttamente sulla nostra pelle: una parte consistente degli insegnanti precari verrà estromessa dall’insegnamento; un’altra parte dovrà elemosinare a vita uno stipendio sempre più scarnificato dalle scuole private; un’altra parte ancora vedrà l’assunzione in ruolo come una prospettiva lontanissima.
Siamo inoltre consapevoli che una scuola che ridefinisce lo stato giuridico degli insegnanti in funzione del nuovo paradigma della flessibilità (vedi proposta di legge Aprea n. 953) è una scuola che fa uso massiccio di precari. La flessibilità associata alle privatizzazioni e allo smantellamento della scuola statale trasforma gli insegnanti in liberi professionisti, che dovranno svendersi alle scuole trasformate in fondazioni, rendendo il precariato una regola.
Lottare contro la precarietà nella scuola vuol dire quindi rifiutare qualsiasi taglio all’istruzione statale, pretendere la trasformazione dell'organico di fatto in ruolo e lo sblocco del turn over, restituendo ai precari il posto lasciato libero dagli insegnanti in pensionamento in modo che gli studenti non debbano subire annualmente il peso degli avvicendamenti in organico.
L'assemblea nazionale dei precari si terrà a Roma il 30 Novembre dalle ore 11 presso la facoltà di Fisica dell’ Università “Sapienza” piazzale Aldo Moro
Per contatti ed informazioni, rivolgersi a:
movimentoinsegnantiprecari@gmail.com
sabato, novembre 22, 2008
Assemblea Nazionale 30-11 parte II
LA PIATTAFORMA DEL MOVIMENTO INSEGNANTI PRECARI-ROMA.
Il movimento insegnanti precari rifiuta ogni tentativo di ridimensionamento della gestione statale dell’istruzione pubblica, che snatura la scuola statale nella sua funzione costituzionale del superamento delle differenze di sesso, religione, lingua, condizioni psico-fisiche e sociali.
Il sistema pubblico è il solo ad essere aperto a tutti, caratterizzato dalla libertà di insegnamento e dal pluralismo; esso è il solo modello che, se ben finanziato, può rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che impediscono l'eguaglianza dei cittadini. Questa funzione di emancipazione della scuola è stata notevolmente ridimensionata dalle politiche di tagli alle risorse destinate all’istruzione pubblica negli ultimi anni, in particolare con l’ultima manovra finanziaria della legge 133 (articolo 64). La piena attuazione dell’uguaglianza sostanziale richiede che sia assicurato a tutti i cittadini il raggiungimento degli obiettivi dello sviluppo personale e della partecipazione sociale, e ha come passaggio obbligato e ineliminabile la tutela di quanti abbiano minori possibilità culturali ed economiche.
La funzione principale che la scuola è chiamata a svolgere dalla Costituzione non è semplicemente quella di valorizzare gli alunni più meritevoli, ma di rendere possibile a tutti, compresi gli alunni più svantaggiati, la partecipazione attiva alla vita della scuola e successivamente della società. Invece, operazioni quali la reintroduzione del maestro unico, figura superata da decenni, cancellano anni di sperimentazione didattica e pedagogica basati sulla condivisione di responsabilità tra docenti e sugli approfondimenti disciplinari a favore del potenziamento, del recupero e dell’integrazione degli alunni.
“La promozione di una piena concorrenza tra istituzioni scolastiche” (PDL Aprea) che vede in competizione scuole pubbliche tra loro e scuole pubbliche con scuole private è alla base di un processo di destrutturazione del sistema dell’istruzione statale, che si sta evidenziando in maniera crescente. Il ridimensionamento del corpo docenti, l’aumento degli alunni per classe, la riduzione dell’orario d’insegnamento, l’accorpamento delle classi di concorso, la proposta di nuove forme di reclutamento (chiamate dirette dei dirigenti scolastici) e il ritorno del maestro unico, vanno di pari passo con una politica di attribuzione delle risorse modulate in funzione della capacità di ogni scuola di attrarre il maggior numero di studenti. La funzione emancipatrice della scuola viene condizionata da una logica prevalentemente mercantile dove il preside da primus inter pares, sottoposto alla volontà collettiva degli organi collegiali, diviene come dirigente scolastico un amministratore completamente assorbito dalla spasmodica ricerca di finanziamenti esterni tendenzialmente ridotti nel numero e nell’entità. La proposta d’introduzione delle fondazioni di diritto privato all’interno del consiglio d’amministrazione delle scuole e la conseguente riduzione della rappresentanza dei docenti non è altro che una conseguenza della riduzione dei fondi pubblici e della loro diseguale distribuzione. La paventata competizione tra scuola pubblica e privata si riduce, nei fatti, in una “privatizzazione” della scuola pubblica e dei rapporti di lavoro che in essa si esplicano.
Come insegnanti precari siamo direttamente sottoposti alla mannaia dei tagli. Qualora mantenessimo saltuariamente il nostro posto di lavoro ci troveremmo ad operare in una scuola nella quale i nostri diritti verrebbero ancor più calpestati: l’assunzione diretta da parte dei dirigenti scolastici alimenta quelle tendenze all’arbitrio ed alla mancanza di regole nell’assunzione che già oggi, in alcuni casi appaiono latenti. Quale libertà d’insegnamento ci potrà essere in una scuola nella quale un dirigente scolastico, rafforzato nel suo potere rispetto ad organi collegiali ridimensionati, viene pesantemente condizionato dalle direttive indicate dalle fondazioni private?
La combinazione di autoritarismo all’interno e di mercantilismo e subalternità verso le fondazioni all’esterno sviliscono la qualità della didattica, la scuola come fattore di partecipazione collettiva e di elaborazione di un sapere critico e, quindi, di uno sviluppo sociale ed intersoggettivo della persona.
La modificazione dello stato giuridico del docente, accompagnato dalla riduzione del livello della contrattazione nazionale rispetto a quella regionale e d’istituto elimineranno, di fatto, una reale rappresentanza delle RSU nelle scuole. A ciò si accompagna una stratificazione gerarchica delle varie figure di docente (iniziale, ordinario, esperto) la quale fa presagire una futura condizione di cannibalismo e di progressiva erosione di diritti e la ricattabilità continua nei confronti dell’intero corpo docente. La nostra condizione di precarietà verrà, di fatto, estesa all’insieme dei lavoratori della scuola, eliminando la condizione di pariteticità e cooperazione tra insegnanti, che è la migliore garanzia di qualità ed efficienza nel sistema dell’istruzione.
Dietro le roboanti proclamazioni di meritocrazia e lotta ai fannulloni si nasconde un modello di società fondato sulla miope esaltazione dell’individuo decontestualizzato che si traduce, nei fatti, nella svalutazione delle qualità personali e nella conseguente valorizzazione del servilismo, della continua ricerca dell’ambizione individuale e del clientelismo. L’attacco che riceviamo immediatamente come insegnanti precari si connette, quindi, organicamente con l’attacco che stanno subendo gli insegnanti di ruolo, il personale ATA, gli studenti medi ed universitari e, più in generale, l’intero comparto dell’istruzione e del complessivo mondo del lavoro. L’alleanza tra noi è posta nei fatti.
La lotta in difesa della scuola pubblica e della qualità dell’insegnamento, la capacità di emancipazione sociale che la contraddistingue sono direttamente collegate con la difesa dei diritti dei lavoratori che in essa operano, con l’estensione del principio di collegialità tra le sue componenti contro ogni logica di autoritarismo. Contrastiamo radicalmente la logica che scaturisce dall’articolo 64 della legge 133, dalla legge 169 e dal PDL Aprea e, soprattutto in virtù della nostra condizione di precari, rifiutiamo l’impianto complessivo della riforma della scuola e dell’Università.
La possibilità di ottenere dei risultati passa attraverso la nostra autorganizzazione, la costruzione di un movimento unitario di insegnanti precari all’interno del più ampio movimento in difesa dell’istruzione pubblica.
Le nostre richieste più immediate, che sottoponiamo alla discussione di tutte le componenti del precariato della scuola e dell’università, sono le seguenti:
Abrogazione dell’ articolo 64 della legge 133 e della legge 169
Ritiro della Proposta di legge “Aprea”
Aumento dei fondi destinati all’istruzione statale
Ripristino della pluralità docente e attuazione integrale del tempo pieno e modulare garantito nello stesso modo in tutte le regioni e finanziato dalla fiscalità generale
Difesa dell’organico esistente docente e personale ATA
Stabilizzazione dei 142.000 posti assegnati a livello nazionale dai vari CSA provinciali attraverso la trasformazione dell’organico di fatto in ruolo
Stabilizzazione dell’organico di fatto del personale
Sblocco del turn over sostituendo tutti gli insegnanti in pensionamento
Abrogazione della modifica del Titolo V della Costituzione che trasferendo le competenze dallo Stato alle regioni, province e comuni nega il principio costituzionale secondo il quale la scuola privata e confessionale è garantita senza oneri per lo Stato (nel rispetto dell’articolo 33 della costituzione).
Applicazione nelle scuole private e paritarie delle condizioni contrattuali e delle modalità di reclutamento vigenti per i lavoratori delle scuole statali.
Rafforzamento del potere degli organi collegiali all’interno della scuola e della loro funzione decisionale.
Assegnazione di tutte le cattedre intere e frazionate tramite graduatorie ad esaurimento.
No al ridimensionamento dei Centri Territoriali Permanenti, che comporta una riduzione delle cattedre con la conseguente congestione delle graduatorie.
movimento insegnanti precari-Roma
lunedì, luglio 21, 2008
23/07
più generico: fonte
COMUNICATO STAMPA
SIT-IN del 23 luglio 2008
Dopo aver organizzato, lo scorso 11 luglio, l’incontro nazionale delle associazioni dei precari, i C.I.P., Comitati Insegnanti Precari, e la Rete docenti precari 11 luglio promuovono un sit-in che si terrà a Roma, in piazza Montecitorio, mercoledì 23 luglio, dalle ore 11 alle 17. Gli insegnanti precari dicono no sia al piano dei tagli, previsto dal D.L. 112, sia al futuro sistema di reclutamento dei docenti, introdotto dal ddl 953 (Aprea).
Questi provvedimenti stravolgeranno i diritti acquisiti da centinaia di migliaia di insegnanti precari, minando alla base il sistema dell’istruzione pubblica, edificato sulla libertà dell’insegnamento. All’iniziativa hanno confermato la loro adesione tutte le associazioni di categoria già presenti all’incontro dell’11 ed autrici del blog Rete docenti precari 11 luglio. Hanno, inoltre, preannunciato la loro partecipazione il CIDI, i COBAS,la Gilda degli Insegnanti, la Cub Scuola, , Rifondazione Comunista, Partito dei Comunisti Italiani, Sinistra Democratica e la senatrice del PD Mariangela Bastico.
SIT-IN DI PROTESTA DEGLI INSEGNANTI PRECARI
-MERCOLEDÌ 23 LUGLIO 2008 IN PIAZZA MONTECITORIO -
I docenti precari manifestano contro i tagli di risorse, tempo scuola, personale, classi, docenti di sostegno, aule e per chiedere garanzie sulla qualità dell’offerta formativa della Scuola Pubblica Statale.
è I docenti precari lottano per:
- la difesa della Scuola Pubblica Statale, per una scuola di tutti e per tutti
- le immissioni in ruolo dei docenti su tutti i posti disponibili;
- il mantenimento delle graduatorie ad esaurimento e il loro completo svuotamento, da compiersi mediante l’assunzione di tutti i docenti precari: solo così si cancellerà dalla scuola italiana la precarietà lavorativa e, di conseguenza, quella didattica che da sempre penalizza le aree geografiche e sociali più svantaggiate del Paese;
- il riconoscimento ai docenti precari degli stessi diritti economici e di carriera dei docenti di ruolo e dei docenti di religione cattolica.
è I docenti precari dicono:
- no al D.L 112 in discussione in Parlamento;
- no ai massicci tagli agli organici previsti dal governo (tagli di circa 100mila docenti), per una manovra di circa 8 miliardi di euro, corrispondenti a ben un terzo dell'intera manovra economica dello Stato: l’effetto di questi tagli ricade nell'immediato sul personale precario, ma ha devastanti effetti sulla scuola nel suo complesso;
- no alla chiamata diretta dei docenti da parte dei Dirigenti Scolastici, che non garantisce il merito, ma favorisce clientelismo e nepotismo, ostacolando, di fatto, la libertà di insegnamento;
- no al ddl Aprea n. 953 e a qualsiasi disegno di legge o normativa che leda i diritti acquisiti da centinaia di migliaia di docenti precari, minando alla base il sistema dell'istruzione pubblica, basato sulla libertà di insegnamento;
- no all'aumento degli alunni per classe: qualità e meritocrazia non si ottengono ‘stipando’ tanti alunni per classe quanti ne bastano per tagliare le cattedre;
- no ai tagli sul sostegno, che compromettono l'integrazione scolastica dei diversamente abili;
- no ai finanziamenti alle scuole private;
- no ad ogni tentativo di privatizzazione della scuola pubblica statale e alla trasformazione delle scuole in fondazioni a capitale privato.